
Crescita, pressione fiscale, deficit. Il governo del Cambiamento in peggio
La pressione fiscale, cioè il rapporto tra gettito e Pil, nel 2019 secondo le stime di gennaio dell’Ufficio parlamentare di bilancio avrebbe dovuto arrivare al 42,2 per cento. Per la prima volta dopo 5 anni sarebbe tornata a salire, con circa 8,5 miliardi di entrate aggiuntive.
Secondo l’Ufficio studi della CGIA, la brusca frenata dell’economia, riducendo il denominatore del rapporto, farà salire la pressione fiscale intorno al 43%, pochi decimali sotto ai livelli a cui l’aveva lasciato l’odiato (dai sovranisti) Mario Monti, così finanziando il salvataggio di un Paese sull’orlo del default.
All’aumento della pressione fiscale concorrono misure una tantum, come la “pace fiscale”, il recupero dell’evasione e aggravi dell’imposizione sulle imprese, non solo banche e assicurazioni, che tendono ovviamente a “scaricare” gli aumenti sulla propria clientela.
La politica di bilancio “sovranista” ha quindi portato la crescita a zero, la pressione fiscale a livelli record e il deficit fuori controllo, senza peraltro nessun impatto sul Pil. Non esiste un esempio peggiore in Europa. La cosiddetta “flat tax progressiva” della Lega e il “salario minimo legale” del M5S sono semplicemente la nuova “quota 100” e il nuovo “reddito di cittadinanza”. Specchietti per le allodole, miracoli prossimi venturi, i cui miracolosi effetti sono destinati a smentite altrettanto catastrofiche. Ecco le imprese del governo del Cambiamento in peggio.